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My Horizon a cura di Lucas De Laurentiis


Di ogni orizzonte ne farà un ritratto. E' Alessandro Ostini, il fotografo viandante per terre lontane e remote, è colui che porta in spalla la scatola magica, che permette di ammirare qualcosa fino ad allora negato: un angolo, un'atmosfera ed uno stralcio sottratto alla nostra visione, centro e mirino di un momento irripetibile.
Gli 'Horizon' sono frutto del connubio tra obiettivo e mirino fotografico, spazio all'interno del quale lo scatto riproduce lo spettacolo della natura. Il mondo fotografato è un'area trasognata, presenta ai nostri occhi lo stupore prospettico. Di fronte all'infinito del mondo il viandante prende appunti, intraprende una lotta contro il tempo, effettua una caccia al tesoro, una ricerca costante per catturare un momento unico, immortalandone un frammento. La fotografia è il mezzo, un'occasione, un prelievo spazio-temporale, una scelta e non solo un gesto, è uno spazio da prendere o da lasciare, da includere od escludere. Ostini è un viaggiatore che guada il paesaggio indagandone la grandezza, oltrepassa i margini ed i profili di un ambiente, valica il mondo riconsegnandone un racconto, sorvolandone lo smarrimento. Il fotografo viandante ci racconta l'etimologia dell'orizzonte che è veduta, partitura e circostanza, è profilo e sfumatura, è luogo - non luogo, è stasi e movimento. Egli ascolta le meraviglie del mondo, ci spiega le atmosfere marine e le ossigenate cime montagnose, le luci dell'alba e le ombre del tramonto, del crepuscolo e dell'aurora. Ci racconta della grigia pietra e delle sfumature arcobaleno, tinge la pellicola con cieli indaco e di incarnato, le acque ceruleo con lo smeraldo, macchia i massi d'ardesia di nembo, i raggi in lontananza d'avorio quelli in vicinanza di cremisi. Egli osserva meticolosamente, ritaglia la visione, strappa alla realtà un angolo d'atmosfera, recide l'incrocio dei meridiani e dei paralleli.

Con grande dovizia di dettagli porta in consegna stampe di composizioni naturali colmi di effetti affascinanti. Il viandante con la sua macchina fotografica effettua una cernita delle immagini, le riduce all'essenzialità, elimina gli elementi superflui. La ricerca del senso si fa radicale, l'immagine è sottratta da ogni inganno, l'oggettività è onnipresente. È un'avventura non solo dell'immagine ma anche del pensiero, la fotografia diventa arbitraria, libera, ambisce ad un senso, diviene ciò che l'autore vuole attribuirgli. Interpreta in modo disparato gli aspetti reali con la propria visione personale, trasferisce nell'immagine non soltanto la materialità delle cose, ma anche le sensazioni, cede il passo alle emozioni provate di fronte al soggetto, con la volontà di trasmettere un messaggio riposto provando a coinvolgere anche noi spettatori. Riesce a farci partecipi dell'idea che ha ispirato la sua opera, dinanzi agli idilli paesaggistici ci fa sentire unici ma soprattutto minuti poiché il mondo è assai grande e potremmo perderci al suo interno. Ostini trova un giusto compromesso tra resa tecnica, contenuto e forma compositiva, tutto ciò prevede uno studio attento del panorama da riprendere, che esclude superficialità e vezzo. Gli 'Horizon' che Ostini fotografa sono ligi alla regola dell'inquadrare a grandangolo, a zumare l'incontaminato, a riportarci un punto di vista, egli adempie al suo operato con la massima perizia poiché in possesso dell'audacia del saper fare e della dimestichezza del cogliere il giusto frangente. Egli non è in grado di resistere alla tentazione offerta dallo spettacolo della natura, vuole ritrarla con precisione. Nelle immagini vige quel senso ricorrente d'infinito, ascolta ed osserva i segni tangibili del mondo: le acque dei mari, i cieli azzurri e colorati, i lidi remoti ed ameni, le vedute ad ampio raggio, le rocce ed i fiordi aguzzi, paradisi perduti nella incontaminata terra. Lo scatto fotografico riproduce uno squarcio di angolo di paradiso, orizzonti distanti ed orizzonti ravvicinati, queste immagini sono il riflesso delle superfici terrestri rappresentati dallo spalancamento della visione proiettata in lontananza. Il fotografo è indotto a cimentarsi con un luogo, con una porzione di spazio ispirato unicamente dalla potenza della natura che in ogni istante è mutevole, che diviene memoria di un attimo appena trascorso, oramai sottratto dalla possibilità offerta dalla natura di farsi impressionare sulla pellicola. Ostini porta con sé l'inseparabile scatola magica sempre ricolma di rinnovato stupore. Gli scatti fotografici appena eseguiti saranno sorpresa per la futura fototeca da allestire. Il viandante accorre come una calamita verso gli infinitesimali dettagli della magia dei paradisi incontaminati, si arrende dinanzi a tanto stupore esercitando lo sguardo come disciplina dello spirito. La fotografia di Ostini, apparentemente semplice, non lo è affatto, poiché si nutre di una sensata dimensione nei riguardi della realtà visibile. L’idea dell’iconografia da cartolina è ormai lontana!